27 settembre 2013

Indignazione, Philip Roth

"Agli albori della mia vita adulta, prima che all'improvviso tutto diventasse così difficile, avevo un grande talento per l'accontentarmi."


1951, secondo anno della guerra di Corea.
Marcus Messner è un ragazzo di Newark, New Jersey: uno studente modello che decide di andare a a studiare lontano da casa, in Ohio, al Winesburg College.

Marcus è un bravo ragazzo, ha sempre aiutato il padre nella macelleria kosher di famiglia ed è il primo del suo corso al college.
Marcus non è mai uscito dal seminato, non si è mai ribellato.
Marcus veste con gioia le convenzioni imposte dal college,. con lo stesso entusiasmo con cui indossa i vestiti che lo fanno assomigliare al ragazzo nella foto del depliant informativo.

Ci sono soltanto due piccole crepe nella vita perfetta di Marcus.
Una è la sua indifferenza al branco: la sua totale incapacità di essere parte del gruppo, di fare amicizia con gli altri studenti. L'altra è Olivia Hutton, ragazza fragile, dal passato travagliato e oscuro, che lo trascina in un turbine di passione adolescenziale, che Marcus non è assolutamente in grado di gestire nè tantomeno di comprendere.

Marcus si indigna.
Si indigna perché sia in famiglia che al college non gli danno tregua, trovano sempre una scusa per metterlo alla berlina, per sospettare di ogni suo comportamento, nonostante i suoi voti siano ineccepibili.
Marcus si indigna e cede. Cede al branco, cede a Olivia, e compromette la sua granitica integrità.

"[...] ero anch'io stato risucchiato dall'insulsaggine non solo dei costumi del Winesburg College ma della rettitudine che tiranneggiava la mia vita, la costrittiva rettitudine che, ero pronto a concludere, era la vera causa della pazzia di Olivia. Non bisogna guardare ai genitori per cercare la causa, mamma... bisogna guardare a ciò che il mondo convenzionale considera accettabile!"


Marcus commette l'errore di considerare la sua virtù come il risultato delle convenzioni che gli sono state imposte dall'esterno. Cerchiamo sempre qualcuno o qualcosa da incolpare per Roth, in certi casi - vedi Pastorale Americana - sono i genitori, stavolta è la società.

Certe volte abbiamo soltanto voglia di seguire l'istinto del momento, di dare forma a ciò che desideriamo nel momento presente senza stare troppo a pensare alle conseguenze. Vogliamo agire senza stare ad aspettare che le cose accadano da sé: c'è solo la fretta di vederle succedere, anche se sappiamo che, così facendo, le cose non saranno più le stesse e i fatti prenderanno ineluttabilmente un'altra direzione. 
Vogliamo sbagliare e, anche se ne siamo consapevoli, ne traiamo un piacere perverso, tutt'altro che nascosto. Siamo capaci di inventare mille scuse, di dire che noi non ci atteniamo alle stupide regole imposte da una società ottusa e cieca di fronte ai nostri bisogni e sentimenti, e con questo grosso scudo di fandonie a proteggerci ci dirigiamo a testa alta verso l'inevitabile disfatta. 
Vogliamo provare il brivido di prendere posizione, di alzare gli occhi e guardare il mondo con l'orgoglio di chi ha il coraggio di osare.

Quante volte mi è capitato?
Sulla mia pelle porto il vessillo di questo stesso atteggiamento.
To thine own self be true. Sii fedele a te stesso.
Infischiatene degli altri, ma non raccontarti mai bugie. Non trattenerti dall'agire come vorresti.
Verissimo, ma fino a un certo punto. 

C'è un confine sottile tra fare delle scelte che siano dettate soltanto da ciò che vogliamo e non da quello che gli altri vorrebbero per noi e agire al solo e unico scopo di essere diversi dalla massa, di spiccare tra le fila dei tanti. Ogni tanto essere uno dei tanti non è poi così grave, soprattutto se si tratta di una cosa di poco conto, per cui è inutile alzare un polverone.
Marcus, invece, preso dalla smania di imporsi, dopo una giovinezza passata ad assecondare prima i genitori e poi il consiglio studentesco, si ribella, e lo fa per una cosa piccola e insignificante, una cosa che non avrebbe intaccato la sua personalità né la sua vita. Lo fa per principio, e non c'è niente di più effimero.

Peccato che ognuno di noi sia parte di qualcosa di più grande: la vita non è soltanto famiglia, scuola e piccole scaramucce tra ragazzini.

"Potete essere stupidi quanto volete, potete anche dar mostra [...] di voler appassionatamente essere stupidi, ma alla fine la storia metterà le mani su di voi.Perché la storia non è il fondale: la storia è il palcoscenico! E voi siete sul palcoscenico!

La vita di Marcus entra in collisione con la storia e Marcus si ritrova in trincea: la sua voglia di affermare se stesso lo allontanerà da quella che una volta era la sua vita.

" [...] il terribile, incomprensibile modo in cui le scelte più accidentali, più banali, addirittura più comiche, producono gli esiti più sproporzionati."

Roth ci fa riflettere, come sempre.
Sbagliate, gente, godetevi i vostri errori, ma sappiate che quelle scelte, prese d'impulso o dettate da un'infantile voglia di "essere voi stessi", potrebbero avere delle ripercussioni, delle conseguenze che non sempre si distinguono nell'immediato. Forse sì, forse no.
Ve la sentite di rischiare?
Ne vale la pena?
Pensateci.


Ragazze, non so quanto possano piacervi o interessarvi i miei sproloqui letterari, ma tant'è... Fatemi sapere se conoscete Philip Roth e/o se avete mai letto Indignazione.

baci,

2 commenti:

  1. Ciao Martina..Wow,che bel post...Non ho mai letto Roth,ma mi era stato consigliato da un amica tempo fa..
    Deduco che ti piaccia ^_^ consigli?

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  2. Ciao Ele, in realtà ho un rapporto di amore-odio con Philip Roth. I suoi romanzi o li abbandono o mi lasciano folgorata, come in questo caso!
    Non posso che consigliarti Pastorale Americana, ma ti avverto che è roba tosta!
    Stai lontana, invece, dal lamento di Portnoy!
    baci

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